Leggo sempre più spesso critiche e mal di pancia sulle università online. Ogni volta sorrido ed evito di alimentare ulteriormente la polemica. Non oggi. Oggi avendo una mattina libera ho deciso di andare a Milano da Starbucks a prendere un caffè. Forse lo ricorderete ma proprio questa catena ha subìto ogni sorta di critica da parte dell’italiano medio che dal comodo divano di casa giudica tutto, e meno conosce le cose e con più forza le giudica e le critica. Mentre sorseggiavo il mio caffè (farlo qui è una vera “esperienza”, come va di moda dire adesso), in un locale enorme, con mille varietà, la torrefazione a vista d’occhio, un brulicare di persone provenienti da tutto il mondo, mi sono chiesto come abbiano fatto greggi di persone a sentirsi in dovere di criticare questo santuario per la mediocre voglia di difendere la tazzina frettolosamente ingollata al bar dello sport!
Mentre riflettevo ho pensato a quanto con la stessa frenesia e frequenza leggo analoghe critiche al sistema universitario online. Mi domandavo da dove nasce questa granitica certezza che le lauree online (presenti in tutto il mondo e spesso attivate proprio dai più prestigiosi atenei) siano meno valide di una faticosissima, sudatissima e ambitissima laurea in Scienze Motorie, che tra l’altro da diritto alla tessera da indignato speciale in servizio permanente!
La risposta è semplice: abbiamo paura di tutto quello che è diverso da ció che siamo o abbiamo fatto e da sempre facciamo, ogni novità ci spaventa perché costringe a rimettersi in discussione, siamo l’espressione della peggiore italianità, quella che quando apre Starbuks si indigna perché “‘’O cafè” è cosa nostra. Se poi chiedi a questa manica di indignati se da Starbuks ci sono mai stati, o se conoscono che tipo di miscela hanno bevuto sino a ieri, fanno lo sguardo ebete tipico di chi non sa di cosa sta parlando!
Allo stesso modo noto una paura (che genera avversione) nei confronti delle facoltà online e da qui nasce il bisogno di denigrarle. Hanno paura di scoprire che usciti da tale percorso le persone siano preparate, o anche più preparate (o meno, per carità), e questo sarebbe un guaio, perché nella loro ottica ottusa preparati o meno, meglio che abbiano fatto il percorso classico, in modo tale che se alla fine si rivelano dei perfetti incapaci possono giocarsi la carta che “in tutte le categorie ci sono gli incapaci”, se invece sono preparati, è la prova che le facoltà classiche lavorano bene.
Questi detrattori infatti non guardano al risultato finale, non gliene importa nulla, sono solo attenti alla procedura che lo ha generato. Anzi, se loro erano dei fuori sede, la laurea di chi vive nei pressi dell’ateneo vale meno, perché loro si sono anche dovuti spostare. Se loro sono stati fuori corso idem, perché si sono soffermati di più sullo studio, non come quelli che terminano in quattro e quattr’otto. Se loro hanno preso 18 ad un esame, è perché ai loro tempi era difficile, non come adesso! Insomma… la tessera da indignato se la guadagnano ogni giorno. Quindi le facoltà online non sono vere facoltà!
Criticano l’assenza del rapporto umano e della mancanza di pratica (che invece non solo c’è, ma è spesso assente quanto inutile proprio nelle facoltà “classiche”), ma sono gli stessi che la pratica non l’hanno mai svolta, inabili motori per definizione, sedentari prima durante e dopo gli studi, i medesimi che a lezione firmavano il foglio firme e poi andavano via. Ma ora che il “pezzo di carta” lo hanno ottenuto, pretendono che tutto resti immutato, e ciascuno lo acquisisca nel medesimo modo, quello GIUSTO ai loro occhi. Poco importa il piano di studi (non si sono curati neppure del loro), poco importa la qualità del corpo docente o le modalità di gestione di esami e tirocini! Loro hanno fatto un percorso, tutti gli altri non valgono!
Così mentre da Harvard in giù il mondo continua a evolversi rapidissimo, e le lezioni sono fruibili anche gratis tramite un’app per cellulari, alcuni corsi sono perfino aperti a TUTTI e i titoli acquisiti agganciati in automatico al profilo linkedin, i nostalgici del quadro svedese e degli appoggi Bauman, urlano le loro sgangherate proteste.
In una piazza? In un’aula universitaria? Ma vah… lo fanno su internet, che online è uguale, anzi pure meglio se lo fanno loro.
La polemica online vale, lo studio no!
Ne farete di strada…
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