Vigoressia

Quando il fitness diventa ossessione

Presentazione di: Laura Dalla Ragione

Prezzo: 12,00 – Pagine: 132

Editore: Il Pensiero Scientifico

ISBN: 88849004618

ISBN-13: 9788849004618

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Da anni si sente parlare di anoressia, un malessere che rende schiave migliaia di persone vittime di una errata percezione del proprio corpo. Pochi conoscono un altro aspetto legato ad un’alterata percezione di se stessi, un’altra faccia della stessa infausta medaglia: la vigoressia.

La vigoressia colpisce un numero di persone sempre crescente che, nel tentativo di incrementare in misura sempre maggiore le proprie masse muscolari, entrano in una spirale perversa capace di compromettere l’equilibrio emotivo, le relazioni sociali ed affettive, sino a minare gravemente la salute e la funzionalità organica.

La vigoressia, o bigoressia o complesso di Adone come viene altrimenti chiamata, non è meno grave nè meno pericolosa dell’anoressia, non miete meno vittime, è solo meno conosciuta proprio perchè se ne parla ancora poco, la si conosce da meno tempo e spesso se ne sottovaluta la pericolosità. In questo libro, interamente dedicato al problema della vigoressia, si cerca di fare luce su un mondo sconosciuto, spesso frainteso, perchè un fisico tonico e muscoloso è più facile che venga interpretato come sinonimo di buona salute.

Non è un attacco al body building ed al fitness in genere, dei quali si sottolineano i vantaggi ed i benefici, non è un testo che si limita a demonizzare in modo superficiale l’utilizzo di integratori alimentari o di una dieta maggiormente vicina al mondo dello sport, elementi che vengono chiaramente definiti positivi ed auspicabili. Ma indaga un aspetto diverso legato alla dipendenza da un’attività fisica che smette di esercitare una positiva influenza per condurre ad una condizione altamente rischiosa.

Quello che si nasconde dietro la vigoressia non è soltanto una bomba innescata sotto il profilo del benessere fisico, ma anche una forma di debolezza e sofferenza emotiva, un’insicurezza di fondo che si cerca di compensare attraverso l’esibizione e l’ostentazione del proprio corpo. Il primo passo per uscirne è saperla riconoscere, e l’obiettivo del  libro è proprio quello di fornire gli strumenti per poterlo fare.

Domande e obiezioni frequenti in tema di Vigoressia

Di seguito sono riportate in forma sintetica le principali obiezioni di qualche visitatore della pagina facebook dedicata alla vigoressia, con il relativo commento.

La vigoressia è una bellissima dipendenza, ed io ce l’ho!
Chi fa questa affermazione più che essere vittima della vigoressia è vittima dell’ignoranza. La vigoressia è un disordine clinico, e non ha nulla a che vedere con la sana passione per il fitness o per il bodybuilding. Pensare che ogni appassionato di fitness sia vittima della vigoressia sarebbe come ritenere anoressiche tutte le donne magre. E’ una semplificazione raccapricciante che solo la mancata conoscenza del problema può portare ad affermare, oppure la voglia di esibizionismo di qualcuno desideroso di criticare ciò che ignora.

Io faccio bodybuilding, sono molto muscoloso ma non mi sento malato!
Essere una persona muscolosa, che si allena costantemente e si alimenta nel modo giusto, non significa essere affetti da vigoressia. La vigoressia è qualcosa di molto più complesso e grave, difficile da riassumere in poche righe (altrimenti non sarebbe stato scritto un libro), può portare a sbalzi d’umore così gravi da condurre al suicidio, a morte prematura per abuso di sostanze anabolizzanti, ad isolamento sociale, compromissione dei rapporti di coppia, difficoltà ad avere una vita sessuale serena e molto altro ancora. Per fortuna la stragrande maggioranza dei bodybuilder non ha questo genere di problemi.

In fondo meglio essere ossessionati dal fitness che drogati, o no? Non esiste questa ossessione.
Se ti lavi le mani 5 volte al giorno ami l’igiene, se te le lavi 200 volte hai un problema. Non dovrebbe essere difficile da capire, di vigoressia si muore, di passione per il fitness invece no (anzi va benissimo). Cosa non è chiaro di questa differenza? Fare sport per dimagrire e alimentarsi bene per non ingrassare è perfetto, ma essere anoressici non significa avere la passione per la linea perfetta, ma avere un problema. Se chiedessimo ad un tossicodipendente potrebbe rispondere che preferisce essere tale piuttosto che tabagista, chi è dipendente dal gioco dirà che è meglio quella dipendenza rispetto a essere drogati. Ma la realtà è che tutte queste persone hanno un problema, che lo ammettano oppure no. Anche se spesso sono più impegnate a convincersi che siano gli altri ad averlo. Avere la febbre a 38 significa avere un problema, e se anche ci si convince che la colpa sia del termometro o che è meglio avere la febbre che un cancro, il problema della febbre rimane, e se non curato porterà a conseguenze più gravi. L’ossessione è una cosa diversa dalla passione. Giocare un’ora al giorno alla Playstation è uno svago. Giocarci 10 ore al giorno, spendere tutti i soldi per comprare accessori e giochi sempre nuovi è il sintomo di un problema. Lo stesso vale per il fitness.

Ma come mai prima d’ora non si è mai parlato di Vigoressia?
Per poter parlare di dipendenza dal fumo è stato necessario che prima si diffondessero le sigarette, prima della nascita del videopoker e dei giochi digitali, e prima della loro diffusione capillare, il problema della dipendenza dal gioco non esisteva se non in forme marginali. Allo stesso modo la Vigoressia non poteva emergere come problema prima della diffussione così importante del fitness.

Sicuri che non si tratta di un’invenzione? La scienza ne parla?
La scienza ne parla ormai da oltre 20 anni, dal 1993 quando per la prima volta viene individuata e descritta in modo preciso. Da allora gli articoli scientifici e i libri che parlano di questo problema sono divenuti sempre più numerosi. Facendo una ricerca su PubMed, la principale banca dati mondiale per gli articoli a carattere scientifico, con il solo termine “reverse anorexia” (uno dei modi per definire la vigoressia) compaiono 282 articoli, sono invece 473 i libri in cui si parla di “vigorexia” e ben 1069 quelli in cui si cita la “bigorexia” (che è uno dei tanti termini usati per descrivere la vigorexia). Questo significa che solo partendo da questi termini, negli ultimi 20 anni ogni settimana si pubblicano nel mondo 2 testi (libri o articoli scientifici) che parlano di vigoressia. Un numero veramente elevato per pensare ad una moda o un allarme estemporaneo.

E se fosse solo un business per vendere il libro?
Un business per chi?! Prima di fare queste affermazioni occorrerebbe sapere qual è il vero guadagno che deriva dalla vendita di un libro. Per l’autore in genere meno di 50 centesimi a copia, per guadagnare 1.000 euro (lordi) occorre vendere più di 2.000 copie! Considerato che la stesura di un libro scientifico comporta oltre un anno di lavoro, significa lavorare tanto per guadagnare (se va bene) molto poco. Per non parlare delle spese sostenute nell’acquisire le documentazioni, incontrare le persone ecc. Considerato quanto poco si legge in Italia, non è una buona idea quella di chi pensa di poter far soldi attraverso la vendita di un libro. Lo scopo è quello di informare e prevenire. Non a caso i risultati della ricerca presentati nel libro, ed una panoramica generale sulla vigoressia, sono accessibili gratuitamente a questo link: 60.000 Italiani malati di fitness.

Ulteriori approfondimenti sul tema della vigoressia

Nell’ultimo decennio il problema dell’anoressia è stato dibattuto molto spesso, ed è tuttora oggetto di campagne di prevenzione, dibattiti che aiutino a comprendere meglio i contorni di questa spiacevole condizione. Parlarne così tanto, provare a individuare le cause che spingono migliaia di persone nel mondo a divenire anoressiche, ha contribuito perlomeno a sensibilizzare e rendere consapevoli di cosa sia l’anoressia. Parlando di anoressia inversa è probabilmente intuibile che la vigoressia rappresenti in qualche modo l’altra faccia di una medesima infausta medaglia.

Soggetti che hanno una percezione distorta del loro corpo, ma non individui magrissimi che continuano a vedersi grassi e bisognosi di dimagrire, quanto soggetti muscolarmente ipertrofici che si percepiscono come flaccidi e poco tonici, tanto da ricercare in modo esasperato un ideale di bellezza e perfezione che inevitabilmente è sempre un po’ più distante del livello raggiunto.

La spirale in cui si viene risucchiati espone a tutta una serie di rischi per la propria salute fisica, ma non solo, poiché la vigoressia porta ad un progressivo isolamento dal contesto sociale in cui si vive, ritenendo gli altri inadeguati e incapaci di comprendere che l’unica via corretta è proprio quella di un comportamento rigido e finalizzato all’aumento dei volumi muscolari. Le uniche persone che vengono ritenute degne di stima, capaci e competenti sono coloro che condividono il medesimo stile di vita, e che magari hanno già ottenuto risultati di maggiore entità sul profilo fisico. Il desiderio di emulazione diviene talmente grande che si è disposti a intraprendere qualsiasi strada, non ultimo l’impiego di steroidi anabolizzanti che in molti casi possono portare ad eventi gravosi sino alla morte del soggetto.

E’ difficile parlare di vigoressia, così come è complesso saperla riconoscere e distinguere da una sana passione sportiva e una auspicabile cura per il proprio corpo, che anzi andrebbe esaltata. Le ragioni di tale difficoltà sono facili da immaginare. Come appena accennato, nel corso degli ultimi anni il dibattito intorno all’anoressia è stato (giustamente) marcato, spingendo anche attraverso campagne pubblicitarie particolarmente shockanti a prendere consapevolezza del problema. Sebbene non sia possibile né corretto affermare che ogni individuo estremamente magro sia anoressico, è inevitabile che quando la magrezza di chi ci sta di fronte è particolarmente elevata un piccolo dubbio sulla presenza del problema certamente fa capolino tra i pensieri di quasi tutti. Così come sarà capitato alla gran parte delle persone sentire frasi del tipo “è così magra da sembrare anoressica!”.

Queste affermazioni confermano non solo la diffusa conoscenza del problema, seppure ad un livello elementare, ma anche l’utilizzo del termine “anoressico” in modo proprio, ossia ad indicare una condizione patologica e degna di attenzione, al punto da interpretare spesso l’estrema magrezza quasi come una condizione problematica, almeno dal punto di vista lessicale.

Quando ad essere di fronte a noi è un soggetto particolarmente tonico e muscoloso, il sentimento che più facilmente fa capolino è quello dell’ammirazione se non dell’invidia. E’ molto meno probabile che si faccia riferimento a queste persone come a soggetti potenzialmente malati, bisognosi dello stesso aiuto che istintivamente si pensa possa essere di supporto ad un anoressico.
Questo atteggiamento risulta un’arma a doppio taglio. Per un verso è molto meno probabile che l’aiuto necessario possa giungere o possa essere richiesto dal diretto interessato, e dall’altra parte le probabilità che altri possano incappare nello stesso problema cresce in modo esponenziale. Proprio perché l’idea che traspare è dell’individuo che “scoppia di salute”.

Manca una reale presa di consapevolezza del problema e, a parlarne, si rischia certamente di poter essere fraintesi, si corre il pericolo che il messaggio lanciato sia frainteso, raccolto come un inno alla sedentarietà nel timore di avviarsi verso un cammino che porta ad una condizione pericolosa e patologica. Ovviamente questa interpretazione è sbagliata, sarebbe come ritenere ogni centro per il dimagrimento l’avamposto per la diffusione dell’anoressia. Premesso dunque che sia la condizione di sovrappeso che quella di sedentarietà sono assolutamente negative e, per quanto possibile da evitare, ribadito che i benefici della regolare attività fisica sono enormi soprattutto in termini preventivi rispetto all’insorgenza di patologie anche gravi, e rispetto al decadimento fisico, resta da segnalare come problematica la situazione di chi, superando la sottile linea di demarcazione tra quello che è salutare e quello che non lo è, si spinge verso il rischio della vigoressia.

I soggetti maggiormente a rischio sono i maschi così come, percentualmente parlando, sono le donne quelle maggiormente esposte all’anoressia. La fascia certamente più colpita è quella dei 25 ai 35 anni, seguita da quella tra i 18 e i 24, ma non manca una crescente fetta di persone più adulte, anche over 40, che inconsapevole di un’età che avanza, e spinta dall’idea di riconquistare la propria giovinezza attraverso l’allenamento, si lascia gradualmente attrarre da allenamenti sempre più duri e frequenti, alimentazione sempre più rigida, sino a trovarsi vittima della vigoressia.

Trascorrere ore ed ore in palestra ad allenarsi evidentemente non basta per effettuare una diagnosi, questo è solo un indizio che da solo non significa nulla. Così come una crescente attenzione per ciò che si mangia non necessariamente conferma il medesimo stato. Ciascun elemento preso singolarmente non è sufficiente, e spesso non basta neanche individuarne più d’uno. Anche perché, come detto e come sarà ulteriormente ribadito più avanti, il risultato da un punto di vista della performance estetica e funzionale lo si ottiene con allenamenti regolari ed un certo grado di attenzione a quello che si mangia. Allo stesso modo trascorrere del tempo ad “esibirsi” o ad “ammirare” la propria muscolatura davanti allo specchio potrebbe essere un veniale peccato di vanità e nulla di più.

Essere affetti da vigoressia significa avere un atteggiamento ossessivo rispetto a tutto quanto questo, manifestare continuamente preoccupazione per i risultati, sia nel timore di regredire rispetto a quanto acquisito, sia nel costante impegno di migliorare sempre di più le proprie dimensioni fisiche.
Come anticipato la vigoressia colpisce prevalentemente i soggetti di sesso maschile. E’ difficile individuare, oltre alla classificazione anagrafica, altre caratteristiche di un soggetto “potenzialmente a rischio” in quanto la vigoressia colpisce in modo abbastanza eterogeneo. Ma è molto probabile che ad essere colpiti siano soprattutto soggetti con un basso grado di cultura, ed appositamente non è stato utilizzato il termine “scolarizzazione” poiché non è corretto ritenerli sinonimi. Un basso grado di cultura spesso non permette di prendere reale consapevolezza dei rischi cui si può andare in contro con questo tipo di comportamenti così fondamentalisti, né aiuta a discernere cosa sia un puro e semplice messaggio pubblicitario da quella che può essere un’informazione di carattere scientifico. Tale condizione è evidente che non possa essere d’aiuto quando ormai si è vittime della vigoressia, ma è certamente uno strumento che può prevenire ed allontanare il rischio di finirci dentro.

A ulteriore conferma di quanto affermato occorre considerare che, in genere, chi è affetto da vigoressia gode di una bassa autostima e la realizzazione sul piano fisico rappresenta la sola gratificazione. La vigoressia può essere in tal senso il frutto di un iniziale meccanismo di compensazione, dove la scarsa autostima è compensata dall’esibizione del proprio corpo, scatta il desiderio di essere ammirati per la propria muscolatura. Mentre nell’anoressia si ha talvolta un atteggiamento di nascondimento, giungendo a cercare in internet delle guide su come mascherare l’anoressia, come nascondere il proprio corpo, nel suo essere una forma di “anoressia inversa”, la vigoressia passa attraverso l’ostentazione. Se è vero, come segnalato, che non basta un solo atteggiamento tra quelli descritti, e spesso neanche più d’uno per poter affermare che un soggetto è affetto da vigoressia, di sicuro è estremamente improbabile che una persona vigoressica non abbia un atteggiamento di ostentazione.