Scienze Motorie e mercato del lavoro: vecchi problemi e nuove opportunità

Trascrizione del’intervento in occasione del convegno organizzato presso l’università di Foggia relativamente al laureato in scienze motorie e mercato del lavoro.

Intendo parlarvi delle Scienze Motorie e del Mercato del Lavoro quelli che sono i vecchi problemi e quelle che sono le nuove opportunità, vi fornirò dei numeri e dei dati che potrete scaricare agevolmente mandando una mail vuota a convegnounifg @ depascalis.net. Sarà possibile scaricare i dati le fonti le slide.

Parlando con laureati e laureandi in scienze motorie emerge molto spesso il problema di trovare una collocazione lavorativa. Prima però di affrontare questo tipo di problema, prima di vedere quali sono le cause, eventualmente anche cause pregresse, e quali le possibili soluzioni, occorre vedere se è così vero che ci sia una difficoltà di trovare lavoro per i laureati scienze motorie.

Dobbiamo affrontare questo perché altrimenti rischiamo di fare quello che fa il verme nel rafano per il quale tutto il mondo e rafano, come potete leggere agevolmente nel libro “l’arte della corsa”, per restare in tema di attività motoria.
Qual è la condizione dei laureati in linea generale in Italia? Secondo i dati possiamo affermare che il 73,2% dei laureati italiani ha trovato impiego a 3 anni dalla laurea, c’è una grande differenza tra laurea triennale e laureati magistrali e per l’esattezza chi possiede una laurea magistrale è collocato per il 56,1% contro invece un 48,5 dei laureati con titolo triennale. Per quanto riguarda i laureati in Scienze Motorie la situazione è leggermente diversa perché i laureati in scienze motorie con laurea magistrale, a 3 anni dal conseguimento del titolo, risultano impiegati per il 45,8% un valore che apparentemente è al di sotto di quello che abbiamo detto essere la media dei laureati cioè il 73,2. Questo tuttavia è fuorviante perchè buona parte in realtà comincia a lavorare prima della conclusione del ciclo di studi, e se noi consideriamo anche questo aspetto ecco che il valore sale al 77%. Non soltanto in linea ma anzi al di sopra della media di quelli che sono i laureati. Se osserviamo da questo punto di vista quindi la differenza non soltanto non esiste, ma perfino vede la laurea in scienze motorie in una condizione maggiormente favorevole rispetto alla media degli altri laureati.

Anche qui naturalmente occorre analizzare meglio questo dato: a livello generale, quindi parlando di tutti quanti i laureati, il 68,9% degli occupati con laurea specialistica lo è in un settore lavorativo per il quale il titolo di studio è una condizione necessaria e per il 58% non soltanto a livello formale, quindi realmente quello che hanno studiato è quello che andranno ad applicare lavorativamente. Il vero problema del laureato in scienze motorie è un altro, ossia il fatto che anche quando trova impiego in un settore per il quale è prevista ed è necessaria la laurea, meno del 30% dei laureati con laurea triennale lo fa poi in un ambito lavorativo per il quale lo studio è affine al loro impiego. Sebbene questa percentuale tende a salire per chi ha una laurea magistrale (intorno al 62%) questi dati ci fanno vedere che il problema principale non è trovare una collocazione lavorativa attraverso la laurea in scienze motorie, ma trovare una collocazione che sia pertinente con ciò che si è studiato.

I problemi ci sono anche per coloro i quali sono impiegati stabilmente attraverso la laurea in scienze motorie, sono dei problemi connessi non tanto a quanto il lavoro viene ritenuto appagante, le percentuali sono più alte rispetto alla media, ma per il fatto che si ritiene che il compenso economico non sia soddisfacente. Di conseguenza il laureato in scienze motorie subisce questa forma di frustrazione legata ad una formazione universitaria alla quale poi non coincide un reale emolumento economico. Analizzando questi dati possiamo dire che in realtà il problema principale non è trovare lavoro attraverso una laurea in scienze motorie, il problema principale è innanzitutto trovare una collocazione che sia stabile e in secondo luogo anche quando si trova una collocazione stabile che questa sia attinente a quanto si è studiato, e che il compenso percepito possa essere adeguato rispetto a quello che normalmente è il compenso di un professionista.

Il malcontento ha quindi diverse origini, molte partono fin dall’inizio perché questa laurea viene vista molto spesso come un ripiego: molte persone che magari volevano frequentare fisioterapia o altre facoltà di ordine sanitario, ripiegano su scienze motorie e lo fanno fondamentalmente per due ragioni, o perché non sono riusciti a superare le selezioni di ingresso o perché purtroppo c’è l’idea che laurearsi in scienze motorie sia fondamentalmente semplice.

Se quindi vogliamo analizzare realmente quali sono i problemi, analizzarli realmente significa non attraverso una forma di autocommiserazione o esaltazione della categoria “senza se” e “senza ma”, ma andando a vedere realmente quali sono (perché a costo di apparire antipatico e impopolare se noi abbiamo una febbre non possiamo prendercela con il termometro, nè possiamo consolarci perché ci sono altre persone che hanno la febbre).
Questo tipo di confusione purtroppo non si esaurisce nella fase iniziale, perché molto spesso possiamo vedere come anche a conclusione del ciclo di studi, chi si laurea in scienze motorie, non sa esattamente che tipo di lavoro potrà andare a svolgere.
Ma lo vediamo ancora prima, anche attraverso le tesi di laurea, perché quando si assiste ad una tesi nella quale si parla di elementi connessi strettamente con l’ambito fisioterapico con l’ambito prettamente medico è evidente che il soggetto nel corso degli studi non ha compreso esattamente qual è l’applicazione pratica delle Scienze Motorie, o probabilmente non è riuscito neanche ad appassionarsi rispetto a quello che ho studiato. Di conseguenza se non mi sono appassionato se non ho acquisito le normali competenze che dovrei avere, e perfino al termine utilizzo una tesi di laurea che nulla ha che vedere con l’ambito per il quale mi sto laureando, è evidente che sarà più difficile trovare collocazione nel mondo del lavoro.

Parte del malcontento quindi è figlio di aspettative non connesse con le scienze motorie piuttosto che realmente disattese dal mondo del lavoro.

E’ quindi tutta quanta colpa dei laureati in scienze motorie? Certamente no, non è tutta quanta colpa loro, buona parte delle colpe ricadono inevitabilmente anche sul sistema universitario e sul corpo docente, su tutti, anche sul sottoscritto che naturalmente non si sottrae a questo tipo di analisi. Perché quindi sembra che apparentemente io voglia dare la colpa al laureato in scienze motorie? Faccio questo perché se è bello e interessante, ed anche connesso con una fase della vita fare le grandi battaglie utopisticamente volte a migliorare il sistema, ed è giusto che ci siano ed è auspicabile che poi portino realmente ad un risultato, nel frattempo che tutto quanto questo si verifica, inevitabilmente richiede dei tempi relativamente lunghi. L’unico reale cambiamento che ciascuno può fare è un cambiamento su se stesso, cioè rendere se stesso maggiormente competitivo.

Se scegliamo la politica dello scaricabarile, la politica dell’aggregarci con altre persone che semplicemente si lamentano, può essere certamente interessante, certamente getta le fondamenta, le basi affinché forse tra dieci, quindici, vent’anni, la situazione possa cambiare ma non modificherà la situazione attuale!
Ecco perché, ripeto, apparentemente sembra che voglia gettare la croce addosso ai laureati e laureandi in scienze motorie. Non è per dare la colpa unica ed essenziale, ma piuttosto per spronarli con un cambiamento che possa nell’immediato è più rapidamente modificare la loro condizione.

Il mondo del lavoro si evolve, e occorre analizzare in che modalità questo accade, perché già l’errore lo compiono le università che non riescono a stare al passo con i tempi, e spesso offrono dei programmi di studio che non sono idonei a formare rispetto alle attuali esigenze, dall’altra parte dal settore pubblico non ci si può aspettare che (come accadeva decenni fa) possa assorbire tutti quanti i laureati, condizione anacronistica che non avviene. L’evoluzione coinvolge vari settori, ad esempio le palestre low cost incrementano, ed è un fenomeno che difficilmente si arresterà. E’ vero che all’interno di una palestra low cost possiamo analizzare tutta quanta una serie di problematiche, l’assistenza al cliente non è fatta in modo adeguato, probabilmente non c’è del personale sufficientemente preparato, sono tutte quante cose che noi già sappiamo. Ma individuare questo non porterà alla chiusura delle palestre low cost o al fallimento di un fenomeno in espansione.

L’unica cosa che possiamo fare è far comprendere alle persone che la figura del laureato in scienze motorie ha delle carte in più. Qualunque studente di marketing al primo anno vi dirà che in qualunque settore uno degli elementi più importanti è proprio far percepire la differenza del prodotto offerto. Allora occorre chiedersi: il laureato in scienze motorie ha davvero una marcia in più? Ha davvero delle competenze maggiori rispetto alla media delle persone che lavorano in un centro sportivo? O ha una formazione che, al termine del percorso universitario, è particolarmente lacunosa? Se è così, per quale motivo lo è? A chi dobbiamo attribuire le colpe e in che modalità possiamo modificare questo aspetto?

Se invece riteniamo che al termine il soggetto laureato in scienze motorie ha delle competenze esponenzialmente maggiori rispetto alla media di chi lavora nei centri sportivi, e in questo caso specifico all’interno delle palestre low cost ad esempio, ma solo per fare un esempio, occorre trovare il modo per far comprendere all’esterno che il laureato in scienze motorie ha una marcia in più.

Se pensiamo di avere una marcia in più però non possiamo commettere l’errore di considerare noi per primi questa laurea come una laurea di serie B, e purtroppo lo facciamo. Lo facciamo perché andiamo sempre incontro alla continua ricerca di approvazione e di confronto con altre figure professionali. Tutte le volte che parliamo di fantomatiche collaborazioni (che non esistono nella realtà dei fatti), che sono soltanto delle promesse che vengono fatte, stiamo considerando la laurea in scienze motorie come di serie B, così come la ricerca di una partnership con figure professionali che svolgono altro, che operano in un altro tipo di contesto.

La preparazione è un forte discrimine nel settore del lavoro, la preparazione non basta raccontarla, non basta dire “vieni ti spiego perché sono preparato”. Occorre vedere anche nell’opinione pubblica qual è la percezione della preparazione di una categoria professionale. Se ogni volta che parliamo di preparazione, piuttosto che fermarsi un istante e analizzare qual è il reale grado di preparazione proprio e di un’intera categoria, si preferisce dire “sì, ma anche nelle altre categorie ci sono le persone impreparate”, allora in questo caso di sta legittimando l’impreparazione. Se legittimiamo l’impreparazione non possiamo poi dall’altra parte pretendere di ritenerci dei professionisti o di avere il rispetto di altre categorie professionali.

Molto spesso facciamo il paragone, ci mettiamo in confronto con altre realtà professionali, molto spesso parliamo di ingegneri, di medici e avvocati, lo facciamo fondamentalmente per due ragioni, ancora una volta per ribadire che anche lì ci sono delle persone poco preparate, e l’altra per contestare il fatto che ci si rivolge ad un medico laureato e non ad una persona che millanta di esserlo, mentre nel nostro settore probabilmente questo non accade. Quindi da una parte facciamo tutta quanta questa forma di lamentela, però poi sgomitiamo per cosa? Per una collocazione di che natura? Perché se continuiamo a fare il paragone con il medico, ma poi sgomitiamo per un ruolo da infermiere (e non me ne vogliano gli infermieri, categorie professionali di tutto rispetto, come tutte le categorie professionali, ci mancherebbe altro), ma con questo intendo dire che da una parte ci paragoniamo al medico, dall’altra invece l’aspirazione è avere un istruttore di zumba che sia laureato scienze motorie, o un istruttore in palestra che fa le schede 3 x 10 con una laurea! Se questa è la massima aspirazione, a conclusione di un percorso di studi di tipo universitario, allora stiamo continuando a commettere degli errori. Continuiamo ad essere noi per primi quelli che non hanno fiducia in questa facoltà o in questa laurea, al punto da ritenere che al termine di un ciclo universitario le uniche cose che possiamo fare sono (ripeto) gli istruttori di zumba o l’istruttore in palestra per fare la classica scheda 3 x 10 (con tutti quanti i limiti e problemi che evidentemente possiede).
Allora o ci consideriamo in una condizione di vertice, oppure ci consideriamo (tra virgolette) dei manovali del Fitness.

Da una parte vogliamo tutta quanta questa affermazione di autorevolezza, vogliamo che tutti quanti riconoscano l’importanza dell’attività fisica, poi si registrano dei tassi di sedentarietà proprio nella categoria delle scienze motore che non hanno eguali, e anche questo è un ulteriore paradosso! Come possiamo insegnare, spronare alla conoscenza di un settore, che noi per primi non abbracciamo? I laureati triennali per esempio registrano un tasso di sedentarietà del 20%. Il 20% dei laureati triennali non è probabilmente mai entrato all’interno di un centro sportivo, non ha praticato praticamente nessun tipo di attività fisica.

Certamente anche l’università ha le sue colpe, colpe anche particolarmente importanti. Innanzitutto abbiamo un divario tra, come ho già detto, quello che il mondo del lavoro richiede e quelli che sono i programmi di studio. Ma la cosa ancora più grave è che molto spesso all’interno di questi programmi di studio non c’è una disciplina scientifica che venga poi applicata alle attività motorie. Quindi abbiamo delle persone che conoscono perfettamente le tappe della glicolisi, come giusto che sia, ma poi non sanno che cos’è l’acido lattico, qual è il destino dell’acido lattico! Che danno delle risposte che sono le medesime che potremmo ascoltare da qualunque pseudo appassionato o pseudo frequentatore di un centro sportivo. Studiamo l’anatomia, e forse conosciamo bene le strutture anatomiche, ma poi abbiamo una percentuale di laureati in Scienze Motorie, una percentuale altissima che sfiora il 30%, di laureati convinti di poter allenare gli addominali bassi. Cose che evidentemente sono di una semplicità e di una banalità talmente ampia, che è grave perfino ritenere che questi errori possano esistere. Sono laureati che, ripeto, conoscono le basi di una disciplina ma continuano a fare affermazioni che sono degne del l’ultimo degli iscritti all’interno di un centro sportivo, l’ultimo in ordine di tempo!

Questo è estremamente grave, perché certamente posso aspettarmi che anche nella classe medica ci sia qualcuno impreparato, me lo aspetto presso un ingegnere, presso degli avvocati, ma non posso verosimilmente pensare che un medico non conosca la differenza tra una compressa e un cerotto, perché quando io non conosco cosa significa “addominali bassi”, cosa significa “acido lattico”, cosa significa tutta quanta una serie di altri elementi, allora il grado di errore è analogo a non sapere la differenza, per un laureato in medicina, tra una compressa e un cerotto.

Come se non bastasse, anche qui è inutile negarlo, purtroppo molto spesso si assiste a delle maglie larghe per quanto riguarda la facilità di superamento di un esame. Questo problema, che mentre si è studenti viene visto invece come una virtù, crea tutta una serie di problemi a cascata perché non è altro che un incentivo affinché persone poco volenterose e poco inclini allo studio si iscrivano a questa facoltà semplicemente con l’ambizione di avere il titolo di dottore al termine del ciclo. Ma queste persone non fanno altro che gettare discredito su un’intera categoria che già soffre, ahimé, di una scarsa considerazione.

Prevedere un’azione da parte dell’università significa quindi una serie di elementi, significa pretendere ad esempio una maggiore serietà nel corso degli esami, una maggiore severità se preferite, così nessuno si sente offeso si utilizza il termine “serietà”. Ma da studente sono disposto poi ad accettare una cosa di questo tipo? Quindi non soltanto c’è il problema di adeguare i programmi di studio, ma c’è anche il problema di sostenere un esame che sia realmente basato sulle competenze perché, ripeto, le competenze sono il reale discrimine nel mondo del lavoro.

Occorre migliorare l’idea del laureato in scienze motorie nell’opinione pubblica. Questo elemento è fondamentale perché chi sta la fuori può veramente cambiare le regole del gioco. Se è il cliente a richiedere a pretendere la presenza del laureato in scienze motorie, questo è il grimaldello più forte per riuscire a scardinare una condizione che certamente è problematica. Ma per far comprendere all’opinione pubblica che è si tratta di una categoria professionalmente preparata evidentemente serve agire proprio nei termini che ho detto precedentemente. Anche perché purtroppo, è anche qui mi scuserete se non riesco a utilizzare un linguaggio politicamente corretto, un primo imprinting negativo purtroppo l’abbiamo avuto tutti. L’abbiamo avuto tutti già a scuola perché molto spesso, sottolineo molto spesso il che non significa sempre, quindi non si sentano tutti quanti chiamati in causa, molto spesso il professore di educazione fisica era quello che ci portava in palestra, buttava il pallone e ci chiedeva di giocare mentre lui restava a leggere il giornale. Se voi fate questo e lo moltiplicate per decenni e decenni, su un’intera popolazione, chiaramente la prima idea che il soggetto comune ha del laureato in Scienze Motorie è ricondotta a quel famoso professore, che a scuola buttava il pallone e tornava a leggere il giornale. Viceversa percepiranno con un grado di severità maggiore, e quindi anche di professionalità maggiore, le altre discipline.

Occorre migliorare l’idea che le persone hanno rispetto al laureato in scienze motorie, questo non possiamo farlo utilizzando i termini astrusi e complessi solo perché ci piace darci un tono, ma semmai il settore della comunicazione deve essere nuovamente modificato deve esserci una comunicazione più efficace e volta alla comprensione anche da parte del grande pubblico.

Parliamo molto spesso anche di ricerca scientifica, di quanto importante sia fare attività fisica, perché le ricerche scientifiche confermano, ricerche scientifiche, ricerche scientifiche, non facciamo altro che parlare di ricerche scientifiche. Se poi andiamo a vedere chi compie queste ricerche scientifiche, molto spesso, quasi sempre non c’è dietro il laureato in scienze motorie! E questo è un altro problema perché non ci consente di essere padroni della disciplina, non ci consente di avere una autorevolezza anche in ambito accademico.

Analizzati i problemi, sui quali si può essere più o meno concordi con il sottoscritto, occorre poi trovare delle soluzioni, perché parlare soltanto di problemi serve a poco se non si individuano quali possono essere le modalità di cambiamento.

Certamente sono interessanti e auspicabili i grandi cambiamenti, quelli che coinvolgono una categoria, però principalmente quello che ciascuno può fare è migliorare la propria situazione, e per migliorare la propria situazione occorre incrementare e occorre investire nelle proprie competenze. Se ci rendiamo conto che da una parte c’è una condizione lacunosa per quanto riguarda i programmi di studio, questo non ci vieta di andare ad approfondire differentemente. Non ci vieta in autonomia di continuare a studiare, a meno che non pensiate che il laureato in medicina il giorno dopo la laurea chiuda tutti quanti i libri e da quel momento in poi vada avanti su ciò che ha acquisito, Idem vale per un commercialista, per un avvocato, in tutte queste attività che noi spesso citiamo come misura di paragone, si continua a studiare sempre. Invece molto spesso noi non conosciamo le riviste tecniche di settore, non conosciamo quali possono essere i testi al di là di quelli che sono i testi universitari, non ci spostiamo per incontrare delle realtà differenti.

Molto spesso parliamo della situazione all’estero, affermando che all’estero è diverso, all’estero è diverso, ma difficilmente andiamo all’estero per verificare realmente cosa succede. Lo facciamo perché delle informazioni passivamente ci giungono dai social network, Facebook in primis, e riteniamo che sia diverso. Ma se poi ci fermiamo a chiedere, molto probabilmente nessuno sa rispondere davvero come funziona all’estero.

Quindi, ripeto, nell’attesa che le cose cambino in maniera macroscopica ciascuno può investire su se stesso, e investire su se stessi significa anche porsi tutta una serie di domande, domande che nella slide vi ho indicato. Andiamo alla ricerca in senso generale delle informazioni o le aspettiamo passivamente? Cerchiamo di utilizzare un linguaggio che sia comprensibile a tutti o ci indirizziamo verso qualcosa di apparentemente incomprensibile solo per darci un tono? Stiamo utilizzando tutti quanti quegli strumenti che le nuove tecnologie ci mettono a disposizione anche quelle apparentemente banali? Stiamo utilizzando Linkedin per far conoscere chi siamo? Ogni volta che postiamo qualcosa sulla nostra bacheca Facebook siamo attenti che sia qualcosa di professionalmente adeguato oppure anche noi ci aggreghiamo a condividere delle cose che di scientifico non hanno nulla?

Tutte le forme di aggregazione vanno bene, sono qualcosa di assolutamente essenziale per una categoria professionale, però non cerchiamo di aggregarci soltanto per piangerci addosso. Cerchiamo anche di vedere delle realtà di successo, perché le persone che hanno avuto successo in questo ambito sono comunque tante, sono più numerose di quelle che pensiamo, e dobbiamo frequentare anche persone di successo, oserei dire prevalentemente persone che lo hanno avuto! Perché le persone che sono riuscite a trovare la propria strada, la propria collocazione professionale appagante, e non da manovali del Fitness, non soltanto ci sono, non soltanto sono tantissime, ma non le trovate in giro a lamentarsi. Ecco perché abbiamo la percezione che questa categoria probabilmente sia più sofferente delle altre.

Quando parliamo di collaborazione e di cooperazione con altre figure non pensiamo sempre al laureato in scienze motorie come ad un sottoposto, perché se continuiamo a fare questo evidenziamo soltanto la necessità e la volontà di essere dipendenti da qualcun altro, di volerci scaricare da delle responsabilità. Cominciamo ad analizzare tutte quante le nicchie di mercato che non vengono ancora prese in considerazione. Le nuove tecnologie sono un elemento importante, sono delle frecce al proprio arco fondamentali visto che esistono delle piattaforme dove viene ad esempio offerta proprio la figura professionale del laureato in scienze motorie, con un corrispettivo di natura economica certamente più appagante, ma anche relazionandosi con degli sportivi di elite.

E’ giusto e corretto ambire anche ad una migliore affermazione del laureato in scienze motorie, probabilmente con un riconoscimento in ambito sanitario, ma per fare questo siamo sicuri che l’attuale programma di studi sia già efficace? Siamo sicuri che una sorta tra virgolette di “sanatoria pregressa” possa andar bene? Se ritenete che questo possa bastare, quanti in piena coscienza saprebbero affrontare un programma di allenamento con un soggetto diabetico? Quanti con un soggetto con una sindrome metabolica o con altri tipi di problematiche che certamente possono essere trattati con successo con l’attività fisica? Quanti banalmente saprebbero come lavorare con un grande obeso? Chiediamoci se abbiamo acquisito questo tipo di competenze, e nel mentre cerchiamo e pretendiamo che le cose cambino, vediamo se magari la nostra condizione deve essere migliorata in termini di competenza.

In ultimo quindi, oltre ad un in bocca al lupo per l’attività lavorativa, non intendo dire che le colpe siano soltanto nostre, soltanto nostre intendo del laureato in scienze motorie, significa semplicemente che nell’attesa che in gruppo si possono abbattere delle grandi Mura, forse è il caso che individualmente ciascuno di noi possa provare a spostare qualche mattone!

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